Ieri ho vissuto un istante di felicità inattesa, immotivata. E' venuta verso di me attraverso la pioggia e la nebbia, sorrideva, fluttuava al di sopra degli alberi, mi danzava davanti, mi circondava. Io l'ho riconosciuta. Era la felicità di un tempo remoto, quando il bambino ed io eravamo tutt'uno. Io ero lui, avevo solo sei anni e la sera nel giardino sognavo guardando la luna. Aveva sei anni, io l'amavo. - Ti amo, gli dissi. E il bambino mi fissava con uno sguardo severo. - Bambino, vengo da lontano. Dimmi, perchè guardi la luna? - Non è la luna, rispose irritato il bambino, non è la luna ma l'avvenire che io guardo. - Io vengo da lì, gli dissi dolcemente, ci sono solo campi morti e fangosi. - Tu menti, menti , gridò il bambino. C'è Argento, luce , c'è amore. Ci sono giardini pieni di fiori. - Io vengo da lì, ci sono solo campi morti e fangosi. Il bambino mi riconobbe e si mise a piangere. Erano le sue ultime lacrime calde. Anche su di lui cominciò a piovere. La luna scomparve. La notte e il silenzio sono venuti da me per dirmi: Che ne hai fatto di lui?